di Claudio Loria
Oggi 10 febbraio è il Giorno del Ricordo, per non dimenticare la tragedia degli esuli Dalmati, Fiumani e Istriani, costretti a lasciare le loro case, e del loro esodo verso l’Italia, trucidati dai miliziani di Tito e gettati nelle Foibe.
Una tragedia italiana, diretta conseguenza della tragedia ancor più grande della seconda guerra mondiale.
Come sempre in questi casi, è tutto un fiorire di frasi stentoree, grondanti retorica da ogni sillaba, pronunciate immancabilmente dalle più alte cariche dello Stato.
La più alta carica dello Stato ad esempio, ha pronunciato affermazioni come: “«dopo l’oppressione fascista, responsabile di una politica duramente segregazionista nei confronti delle popolazioni slave, e la barbara occupazione nazista”, vide instaurarsi la dittatura comunista di Tito, che ha inaugurato «una spietata stagione di violenza contro gli italiani residenti in quelle zone».
E ancora, ha affermato che: “quella stagione fu contrassegnata da una lunga storia di uccisioni, arresti, torture, saccheggi, sparizioni, le Foibe restano il simbolo più tetro. E nessuna squallida provocazione può ridurne ricordo e dura condanna».
Non poteva certo mancare la nostra Presidente del Consiglio, la quale nei suoi social scrive toccanti messaggi come questo: “Nel Giorno del Ricordo rendiamo omaggio alle vittime delle foibe e a tutti coloro che subirono la tragedia dell’esodo giuliano-dalmata, una pagina dolorosa della nostra storia per troppo tempo dimenticata. Ricordare è un dovere di verità e giustizia, per onorare chi ha sofferto e trasmettere questa memoria alle nuove generazioni. L’Italia non dimentica”.
Bellissime parole, pronunciate solennemente rispetto ad un dramma vissuto da centinaia di migliaia di italiani. Alcune stime parlano di circa 350.000 persone.
Parole che raccontano di occupazioni barbare, di uccisioni, torture e saccheggi e dell’esodo di chi è stato cacciato con violenza dalle proprie abitazioni.
Mi ricorda tantissimo, ma è un problema mio che fraintendo tutto, la situazione attuale nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania, posti nei quali avvengono uccisioni di civili innocenti, saccheggi, distruzione e la barbara occupazione delle terre di chi da sempre abita quei luoghi. Le stesse cose esecrate dalle più alte cariche dello Stato.
Perché una uccisione di massa, una barbara occupazione, la costrizione alla fuga e all’esodo dalle proprie terre è un fatto abominevole, che riguardi noi italiani o un altro popolo.
E nessuno si azzardi minimamente a mal interpretare queste mie parole, ad avanzare dubbi sulla mia solidarietà alle vittime delle foibe e alla tragedia dei profughi giuliani. Ho sempre ritenuto sacrosanto ricordare quel pezzo di storia nascosto per troppi decenni per interessi politici.
Solo che al giorno d’oggi vorrei che chi di dovere, anziché pronunciare le solite frasi trite e ritrite, enfatiche al punto giusto, provasse, anche solo per un minuto, a dire qualcosa di profondamente empatico e realmente sincero.
Vorrei sentire un discorso del tipo: “La tragedia delle foibe è stata un tragico epilogo di quel disastro umanitario conosciuto come seconda guerra mondiale. E dopo 80 anni non abbiamo capito ancora nulla, dato che, fottendocene totalmente della Costituzione nata dopo quella assurda barbarie, negli ultimi 3 anni abbiamo fomentato la guerra tra Russia e Ucraina e soprattutto, abbiamo armato uno stato che ha compiuto un vero e proprio genocidio contro un popolo ridotto allo stremo da 80 anni di occupazione abusiva delle sue terre. Ci siamo resi complici di crimini orrendi, che possiamo vedere nel momento stesso in cui si compiono e per i quali non abbiamo fatto e non facciamo nulla”.
E poi questo discorso proseguirebbe con sentite e sincere scuse agli italiani per l’ipocrisia degli ultimi anni e con sentite e sincere scuse verso le vittime della nostra doppiezza.
Non ci resta che aspettare il 10 febbraio del 2026!