di Ingrid Atzei

Ma, per una serie di ragioni, opportunamente e inopportunamente, anche all’estero, oggi è consuetudine condannare i “crimini del regime sovietico”, includendo tra questi anche quegli eventi con i quali né il PUCS, né l’URSS, né, soprattutto, la Russia contemporanea hanno alcuna attinenza. Allo stesso tempo le azioni dei bolscevichi volte a strappare i suoi territori storici alla Russia non sono considerate un atto criminale. È chiaro il perché. Se ciò ha portato all’indebolimento della Russia, coloro che ci sono ostili ne sono contenti.

È Vladimir Vladimirovic Putin a scrivere queste parole in Le vere cause del conflitto russo-ucraino edito da Visione Editore. Il saggio di colui che è noto spregiativamente in Occidente come lo Zar e che è, invece, più propriamente il Presidente della Federazione Russa – ma dirlo così intimorisce coloro che hanno mire imperialiste -, assieme ai contributi di Eduard Popov, Kirill Sevcenko[1] e Gyorgy Varga[2] spiega come l’Operazione Militare Speciale – l’unico antidoto ad oggi incontrovertibilmente efficace contro l’epidemia da SARS-Cov-2 ed incredibilmente sintetizzabile con l’acronimo OMS -, sia l’esito di un programma anti-russo partito agli inizi del secolo scorso, ancorato ad errori del regime sovietico, e fattosi sempre più prepotente all’indomani del II° Conflitto Mondiale, arrivando a porre le basi effettive dell’Operazione Militare Speciale all’indomani della caduta del muro di Berlino.

Seguendo il filo rosso esplicitato nei tre saggi che compongono il volume, il Donbass, caparbiamente rivendicato da Zelensky, altro non è che un territorio già russo e, proprio per questo, da anni oramai soggetto a trattamenti razzistici, emarginanti, punitivi e torturanti da parte del governo ucraino, nonché espressioni dell’eredità del nazionalismo ucraino d’inizio secolo, riassunto nei propri connotati identificativi nella seconda parte del volume da Popov e Sevcenko – che si concentrano specificamente sulla Galizia degli anni ’20 e ’30 – nel “complesso del neofita”, il quale poco esposto inizialmente s’inferocisce poi sempre di più. Dunque, l’intervento militare della Federazione russa non è da intendersi come un’invasione da parte di un aggressore ma come un’operazione di liberazione da parte della Madre-Patria. Scrive al riguardo Putin:

[…] la Russia è ancora uno dei tre principali partner commerciali dell’Ucraina e centinaia di migliaia di ucraini vengono da noi per lavorare e vengono accolti con ospitalità e sostegno. Ecco come appare un “Paese aggressore”.

E ancora:

In sostanza, le élite ucraine hanno deciso di giustificare l’indipendenza del loro Paese negandone il suo passato, fatta però eccezione per la questione dei confini. Hanno iniziato a mitizzare e riscrivere la storia, a cancellare da essa tutto ciò che ci unisce e a parlare del periodo in cui l’Ucraina era parte dell’Impero russo e dell’URSS come un’occupazione. La comune tragedia della colletivizzazione e della carestia dei primi anni ’30 viene presentata come un genocidio del popolo ucraino. […] A ciò va aggiunta la debolezza cronica delle istituzioni statali, la posizione di ostaggio volontario della concezione geopolitica altrui.

In sostanza, il Presidente russo descrive un processo di manipolazione psicologica basato su una cultura della cancellazione ante litteram volto a creare una frattura tra i popoli, un processo di vittimizzazione volto a mostrificare l’outgroup russo in precedenza delineato e, infine, facendo leva sulla dipendenza strategica delle élite ucraine da potenze straniere. Infatti, in precedenza, nel saggio, Putin scrive:

Nel 1922, durante la creazione dell’URSS, di cui uno dei fondatori fu la RSS[3] ucraina, dopo una discussione piuttosto accesa, fu attuato il piano di Lenin per la formazione di una Unione Statale intesa come federazione di repubbliche con pari diritti […] includevano il diritto alla libera secessione delle repubbliche dall’Unione. Fu così, pertanto, che venne posta nelle fondamenta del nostro Stato la “bomba a orologeria” più pericolosa. Essa esplose non appena venne meno il meccanismo di sicurezza sotto forma del ruolo dirigente del PCUS, che alla fine implose esso stesso dall’interno. La “parata delle sovranità” era iniziata. […] Fu la politica nazionale sovietica […] a consolidare a livello statale la posizione di tre popoli slavi separati: russo, ucraino e bielorusso. Nel 1939 le terre precedentemente conquistate dalla Polonia furono restituite all’URSS. Una parte significativa di esse venne unita all’Ucraina sovietica. […] Nel 1954, la regione di Crimea della RSFSR[4] fu trasferita alla RSS ucraina, in grave violazione delle norme del diritto in vigore a quel tempo. […] Pertanto l’Ucraina moderna è interamente una creatura dell’era sovietica.

I fatti storici ricordati appaiono sotto una luce ancora più perniciosa in considerazione del fatto che:

In URSS i confini tra le repubbliche, ovviamente, non erano percepiti come confini statali, ma erano “di circostanza” nel quadro di un unico Paese […]. Ma, nel 1991, tutti questi territori e, soprattutto, le persone che vivevano lì, si ritrovarono improvvisamente all’estero. Ed erano già davvero tagliate fuori dalla loro patria storica.

Il rammarico per un percorso storico segnato da un primigenio errore politico di fondo che, a cascata, ne ha generato altri è tutto racchiuso in queste parole di Putin:

Inevitabilmente, è arrivato il momento in cui il concetto “l’Ucraina non è la Russia” non bastava più. Ci voleva una “anti-Russia”, a cui non ci rassegneremo mai.

Il presidente affronta poi numerosi temi nevralgici di questo processo di antirussizzazione dell’Ucraina che ha coinvolto e coinvolge la formazione scolastica, la lingua, la religione e, in poche parole, tutto ciò che storicamente fa di due popoli ora ostili due popoli fratelli e che hanno sofferto tanto assieme.

Ma l’apice dell’analisi politica il presidente Putin lo raggiunge quando, con grandissima competenza strategica, scrive:

A quanto pare, e ne sono sempre più convinto, Kiev semplicemente non ha bisogno del Donbass. Perché? In primo luogo, perché gli abitanti di queste regioni non accetteranno mai l’ordine che hanno cercato e cercano di imporre loro con la forza, l’assedio e le minacce. In secondo luogo, i risultati sia di Minsk-1 che di Minsk-2, che forniscono una reale possibilità di ripristinare pacificamente l’integrità territoriale dell’Ucraina negoziando direttamente con le Repubbliche Popolari di Doneck e Lugansk attraverso la mediazione di Russia, Germania e Francia, contraddicono l’intera logica del progetto “anti-Russia”. E questa logica può sopravvivere solo coltivando costantemente l’immagine di un nemico interno ed esterno. E aggiungo: sotto protettorato, sotto il controllo delle potenze occidentali.

Insomma, tutto il contrario di un’idea di Ucraina sovrana e libera di decidere come dovrebbe essere.

Le radici storiche del nazionalsocialismo ucraino vengono poi ulteriormente indagate da Popov e Sevcenko, i quali ne descrivono così gli albori:

La storia del nazionalismo ucraino istituzionalizzato risale al 1929, quando fu creata l’Organizzazione dei nazionalisti ucraini (OUN). […] Anche prima che Hitler salisse al potere erano tati stabiliti stretti legami tra i nazionalisti ucraini e il NSDAP (il Partito Nazionalsocialista dei Lavoratori); gli attivisti dell’OUN studiavano nelle scuole di Partito dei nazisti tedeschi. […] l’OUN, come gli Ustacia croati, è una versione del nazionalsocialismo con le sue pratiche genocide nella risoluzione della questione nazionale. […] combinava l’espansione territoriale con la questione della “purezza” etnica. […] Il 30 giugno 1941, il giorno dopo l’abbandono di Leopoli da parte dell’Armata Rossa, i seguaci di Bandera proclamarono lo Stato ucraino sotto la guida di Jaroslav Stec’ko. Fu sancita una stretta cooperazione con la Germania di Adolf Hitler.

I due autori fanno poi un accenno alle operazioni di salvataggio dei nazisti alla fine del II° conflitto mondiale, riferendosi, senza nominarle, ad operazioni modellate su Paperclip o sull’Organizzazione Odessa e scrivendo:

Alla fine della guerra o subito dopo la sua conclusione, molti militanti e attivisti dell’OUN-b e dell’OUN-m fuggirono dalle ritorsioni scappando negli Stati Uniti e in Canada. Ciò sarebbe stato impossibile senza il sostegno e il permesso delle autorità statali: Stati Uniti e Gran Bretagna. E dopo il crollo dell’URSS, i circoli dominanti statunitensi effettuarono l’esportazione inversa di personale e tecnologie nazisti in Ucraina e ne assicurarono l’introduzione nella sfera scientifica ed educativa.

L’ultimo saggio che compone il volume, quello scritto da Varga, si concentra, invece, sui danni inevitabili che un’Ucraina non più neutrale, come Costituzione indicherebbe, ed anzi sempre più compromessa con la NATO, può causare agli ucraini stessi che, afferma il pensiero unico, muoiono “difendendo l’Europa”.

Giunti a questo punto abbiamo analizzato tutti i saggi che compongono la pubblicazione; essi spiegano da punti di vista differenti, sebbene tutti ancorati al dato storico, le origini storiche, politiche ed ideologiche del conflitto in corso tra Federazione Russa e Ucraina. Lo fanno con un linguaggio dal carattere didattico, adatto anche ad un pubblico di giovani tutt’altro che avvezzi alle tematiche geopolitiche. Il volume, dunque, è stato scritto con l’auspicio di fornire un punto d’osservazione sottaciuto in Occidente su detto conflitto e quale

Parte integrante della preziosa eredità che la grande cultura dell’antica Roma ha lasciato alla civiltà moderna […] audi altera partem – “ascolta l’altra parte” – […].[5]

Un testo imprescindibile per conoscere fatti apparentemente lontanissimi e slegati dal presente; assolutamente da tenere nella propria libreria in qualunque modo s’interpreti oggi la storia.

Le vere cause del conflitto russo-ucraino consta di 143 pagine e comprende: una premessa dell’ambasciatore della Federazione Russa in Italia Alexey Paramonov, la prefazione di Bruno Scapini, già ambasciatore d’Italia all’estero, l’introduzione di Francesco Toscano, ideatore e fondatore, insieme a Marco Rizzo, di Democrazia Sovrana Popolare, e tre saggi; il primo a firma del Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin, il secondo a firma di Eduard Popov e Kirill Sevcenko, e il terzo a firma di Gyorgy Varga. È edito da Visione Editore ed acquistabile dallo shop di VisioneTV al costo di 14,90€.

[1] Rispettivamente, Direttore del Centro ONLUS per la cooperazione pubblica e dell’informazione “Europa” e Professore della sezione di Minsk dell’Università Sociale Statale Russa.

[2] Ambasciatore, Capo della Missione OSCE in Russia (2017-2021), Membro del Consiglio Pubblico dell’Accademia Ungherese delle Scienze.

[3] Repubblica Socialista  Sovietica

[4] Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa.

[5] Tratto dall’incipit della Premessa al volume scritta da Alexey Paramonov.

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