di Ingrid Atzei
Da qualche giorno, nonostante gli argomenti non manchino, si rincorrono articoli sulla mortalità da cucina a gas; «problema molto peggiore di quanto pensassimo», sostiene Juana Maria Delgado-Saborit, ricercatrice spagnola. Ma la notizia più preoccupante di tutte è che l’Italia è in pole nella classifica dei paesi più a rischio. Perché in Italia cuciniamo; abbiamo ancora ‘sta fissa della cucina sana e genuina, nonostante i vari Mc, Burger, JFK e parenti vari. Perciò siamo un tantino colpevoli, diciamoci la verità; prima o poi, avremo certamente bisogno di qualche eroe che giunga in nostro soccorso. Per questo motivo, cioè per evitare che sul percorso già spianato cresca l’erba tipica dei sentieri non percorsi, riprendiamo notizie non recentissime e le confezioniamo in versione “ultima notizia”.
Cionondimeno, arrotini di tutta Italia non affrettatevi a battere le mani perché a salvare vite umane non sarete voi dal momento che, se tanto mi dà tanto, quando e se ai mercati piacerà, spingeranno per le piastre elettriche esattamente come stanno facendo per le vetture. Eppure, senza star là a disturbare il progresso, un modo ecologico e sicuro, dico io, per cucinare potrebbe essere quello delle alitate; sempre, tuttavia, previa negatività del test Covid ché, altrimenti, si ri-impenna la curva della mortalità.
Eh, no no no, a ben vedere rischieremmo troppo anche ripiegando su questa soluzione. Per appianare quella curva dispettosa, sempre pronta a farsi rampante dinnanzi ai fornelli a gas e pure al cospetto del test dei test – quello che c’azzecca meno del testa o croce -, potremmo alimentarci solo con insetti vivi. D’altra parte, in un datato articolo pubblicato su Focus.it[1] si sosteneva la tesi che la caccia agli insetti potrebbe aver consentito al cervello dei primati di svilupparsi. Perciò, in questo caso, divenendo esseri umani entomofagi ne guadagneremmo in capacità cognitive, in anni di vita, in salvaguardia dell’ambiente e in risparmio di risorse energetiche. Ah, non vedo l’ora! Sapete che c’è? Sono proprio convinta che perseguire la strada dell’alimentazione a base d’insetti vivi sia la strategia migliore perché risparmierei pure di pulire casa.
Certo, ci sarebbe come marginale conseguenza collaterale che, oltre agli arrotini, sparirebbero dal mercato i bombolai, gli agricoltori, gli allevatori, i pescatori, i produttori di pasta e pure le aziende che confezionano surgelati. Queste per ultime però, perché i loro preparati riducono i tempi di cottura, perciò limitano i rischi da mortalità da cucina a gas e si possono considerare utili ai fini della transizione green.
Anche così, tuttavia, la transizione avrebbe un costo e un intervallo di tempo non semplice da valutare perché lo sappiamo come siamo: ci concedono di consumare i surgelati e accendiamo quattro fornelli dall’antipasto al dolce. Ovviamente, tutto a partire dal piatto pronto surgelato, intendiamoci. Un’alternativa valida per far scongelare i preparati sarebbe, a ‘sto punto, utilizzare le isole di calore conseguenti all’impianto e alla messa in funzione delle mega distese di pannelli fotovoltaici che la transizione alle rinnovabili ci sta imponendo; così pure il completamento della metanizzazione delle nostre città potrebbe essere interrotto in favore dei pannelli desertificanti.
Ah, tutto sommato, ora che me ne avvedo, l’idea migliore sarebbe che potremmo morire tutti di fame. Allora, statene certi, non avremmo più bisogno delle statistiche e non ci preoccuperebbero più le curve che s’impennano sull’asse delle ascisse…
[1] https://www.focus.it/scienza/scienze/la-caccia-agli-insetti-ha-sviluppato-il-cervello-delle-scimmie